RISPARMIAMO SUL GUARD RAIL E SPERPERIAMO IN GALLERIE

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IN MARGINE AD UN RINVIO A GIUDIZIO PER L’INCIDENTE SULLE CINQUE MIGLIA

16 LUGLIO 2016 – Gli alberi possono o debbono stare ai margini di importanti strade di comunicazioni, quelle che consentono velocità sostenute per il traffico commerciale?

Oppure, addirittura, debbono essere rimossi perché la loro funzione può dirsi esaurita? Il dibattito, che già ha arricchito le riviste specializzate negli Anni Sessanta, quando ancora le strade si  costruivano con le dotazioni di alberi a meno di un metro dal ciglio, sarà rinfocolato dopo il rinvio a giudizio, da parte del tribunale di Sulmona, della dirigente dell’ANAS dell’Aquila per la sciagura di due anni fa sul Piano delle Cinque Miglia, costata la vita a due giovani rugbisti.

Le lunghe file di pini che costeggiano tutta la SS17 nell’altopiano sono state più volte sostituite da quando, sul finire del Settecento, i Borbone costruirono la “Reale strada degli Appennini”, una delle più importanti del Regno di Napoli e l’ing. Pigonati, come riportiamo nel servizio “Quando anche un albero costituisce reato” del febbraio 2011, nella sua relazione sosteneva che quegli alberi erano indispensabili per segnare la strada in una zona dalle condizioni metereologiche spesso molto aspre, addirittura impossibili in alcuni giorni.

Nel 2010 una sentenza della Corte di Cassazione (ancora nello stesso servizio su questo giornale) ha confermato quella del tribunale di Foligno e, quindi, della Corte d’Appello di Perugia, per una condanna di un cantoniere: gli alberi si trovavano a distanza inferiore a quella di legge. Debbono essere abbattuti? Non necessariamente, se vengono allestiti dispositivi (tipo guard rail o barriera di contenimento) idonei ad impedire l’impatto tra un veicolo che esce dalla sede stradale e gli alberi. Ma, sull’altro fronte, si fa presente che una copertura su tutta la rete stradale costerebbe cifre enormi, oppure, come nel caso di attraversamento di parchi nazionali, avrebbe un impatto non tollerato; l’esempio del guard rail in legno sulla nuova strada che dalle Cinque Miglia conduce fino all’Aremogna non sarebbe confortante, perché scarsamente resistente all’impatto.

Discorso ancora più complesso per il tratto della Strada Statale 17 che da Santa Brigida conduce fino allo svincolo autostradale di Pratola Peligna, dove addirittura si trovano querce secolari, da tutelare certamente per il valore ambientale irripetibile che rappresentano. Sotto questo profilo, dunque, visto che anche la sicurezza è un valore irrinunciabile, è indispensabile che l’Anas spenda il dovuto per dotare almeno il tratto, in prossimità dell’imbocco del casello, di un impianto di protezione che costi quel che costi, magari evitando di sperperare centinaia di milioni sulla fondovalle Sangro (ostinatamente voluta da D’Alfonso su comando di Legnini e che sarà schiacciata a valle dalla Majella per mille anni e forse più), oppure facendo pagare a Toto più pedaggi per la A/25, visto che si accinge a dissipare risorse per la bretella da Bussi a Collarmele mentre il nodo del traffico tra Pescara e Roma riguarda solo il tratto tra Lunghezza e Portonaccio.

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