PRESENTATO “UNA SETTIMANA IN ABRUZZO” DI UGO OJETTI – I MOLTI INTERROGATIVI SU UNA STORIA DELL’ARTE SENZA I TERREMOTI
27 OTTOBRE 2023 – Cosa sarebbe stata Sulmona se la terra non l’avesse cullata ogni due secoli? Ce lo racconta Ugo Ojetti quando descrive le finestre più belle del Quattrocento da Firenze a Palermo: quelle del Palazzo dell’Annunziata (nella foto del titolo, con un allestimento di costumi abruzzesi e molisani di Vincenzo Accardo). Ce lo dice l’Acquedotto medievale che, con i suoi ventun archi, è l’unica opera pubblica rimasta fra le mille che si stagliavano nella città capoluogo degli Abruzzi.
Con i “se” non si può fare la Storia; ma la storia dell’arte, sì.
Attraverso l’indagine di ciò che resta si può immaginare di viverli, quei momenti. E di incontrare i protagonisti di quel mondo forse irripetibile; dello stesso Quatrario che un terremoto lo descrisse e dalla sua penna sgorga l’unica, tragica narrazione di un evento che si è ripetuto con angosciante regolarità, per togliere ai Sulmonesi le ricchezze che si elevavano al di sopra del primo piano dei palazzi, forse per reprimere la superbia di una città ricca e florida; per evitare che l’orgoglio cittadino elevasse altre torri di Babele.
L’editore Ianieri ha stampato il secondo volume di “Comete”, dedicato alla “Settimana in Abruzzo” di Ugo Ojetti : tra i tanti angoli della Regione,c’è il percorso urbanistico e artistico della cerchia intramuraria, nel confine che coincideva con la fine dell’acquedotto di Re Manfredi in una porta proprio a fianco della Fontana del Vecchio. .
Sulmona sarebbe stata la città della trifora del Palazzo dell’Annunziata e delle altre finestre che svettano dall’antico ospedale e di altre cento finestre del Quattrocento; sarebbe stata il Palazzo di città dal quale è stato staccato un affresco magnifico riproducente un sovrano svevo e oggi conservato nel Museo civico, dietro la trifora e le bifore delle quali Ojetti rimase affascinato e ne raccontò nel suo taccuino.
E’ una chiave di lettura il volume di Ianieri. In quanto chiave, non ambisce a descrivere tutto: può solo aprire un mondo. Sta a chi legge riempire le stanze successive di emozioni e, per i più fortunati e fantasiosi, di incontri con i personaggi che di qui passarono.