
Luigi Leboffe, capo della Redazione Province de “Il Tempo” in una sua visita a Sulmona nel 1974; accanto a lui il corrispondente dell’epoca, Guido Vernacotola. Leboffe impresse nuovo vigore alle pagine provinciali; morì a meno di 40 anni
CHIUDE DOPO 46 ANNI L’INSERTO REGIONALE DEL QUOTIDIANO DI ANGIOLILLO E LETTA
31 OTTOBRE 2014 – All’alba di oggi “Il Tempo d’Abruzzo” sarà una notizia di ieri.
E’ uscito questa notte per l’ultima volta. Non dalle rotative di Piazza Colonna, da quell’antro che Renato Angiolillo fece scavare tre piani sotto il Palazzo Wedekind; è uscito da una moderna tipografia vicino al raccordo anulare (nella foto in alto la prima pagina regionale nel dicembre 1974, quando fu scoperto un carico di esplosivo tra Roccaraso e Pietransieri). Una sfida di innovazione che non è bastata a salvare una testata regionale. “Il Tempo d’Abruzzo” andava forte quando a ricevere gli articoli dell’ultimora erano gli stenografi nervosi e bravissimi, ai quali potevi dettare le notizie di mezzanotte, talvolta dell’una di notte. Tutto “Il Tempo” era una macchina perfetta e costosa, nella quale lavoravano centinaia di persone per battere la concorrenza del “Messaggero”. Ci riuscì, quando il giornale di Perrone si collocò su possizioni di estrema sinistra lasciando un mercato esteso al prodotto delle rotative che cominciarono a stampare a pieno ritmo: una sincronia di incastri tra quello che sgorgava dal racconto del cronista e quello che arrivava qualche ora dopo alle edicole della Calabria, delle Puglie, ovviamente delle altre regioni più vicine a Roma.
Poi tutto il giornale si è seduto: le nuove tecnologie hanno imposto tagli delle spese, la “chiusura” si anticipava alle 20,30, doveva succedere un terremoto per spostarla alle 22 oppure oltre. Cronisti votati al riposo. Non è stata solo la incalzante sindacalizzazione; forse sono state le prospettive a sfumare per prime; più di quello che aveva fatto, il giornale non avrebbe potuto crescere, più di quel numero di lettori la regione non poteva dargli (nella prima foto in basso una confezione di carta fotografica che veniva usata nella redazione de “Il Tempo” di Sulmona per stampare e far pervenire le immagini sfruttando gli ultimi minuti di apertura delle pagine regionali). E le pagine ricche di cronaca nera, stracolme di cronaca giudiziaria, hanno lasciato spazio alla troppa cronaca politica, nella quale, come succedeva in tutto il Paese, il giornalista scriveva per essere letto dal politico potente e per meritare una attenzione particolare (nella foto accanto la cronaca di una rivolta popolare a Pescasseroli, fatta soprattutto dalle donne del paese). Quando “Il Tempo d’Abruzzo” ha incominciato a mollare sulle notizie di tutte le ore, di tutti i posti, sui particolari che hanno sempre fatto vendere i giornali senza che per questo dovessero ospitare morbosi resoconti, è arrivato “Il Centro”, nel 1986, a raccogliere il testimone di tanta freschezza di cronaca. “Diciotto anni, l’età più bella” era lo slogan della campagna pubblicitaria del “Tempo d’Abruzzo” nato nel 1968 dall’assemblaggio di cinque o sei pagine provinciali. Invece è mancato il passaggio alla maturità; poteva restare Peter Pan e respingere i molti appesantimenti che un giornalismo autocelebrantesi ha elargito nell’Abruzzo dove già scrivere contro i potenti era una eccezione faticosa. Nessun gusto di dire cose alternative, di guardare a brutto muso alle incrostazioni in un ente-Regione già putrefatto al suo nascere e fucina di politica clientelare da 44 anni ad oggi.
Un “Tempo d’Abruzzo” giornale di inchiesta forse avrebbe impedito che a Bussi si interrassero i veleni che oggi nessuno sa rimuovere; avrebbe impedito che sotto San Cosimo si ricoverassero treni interi di scorie nucleari; che gli Anni Ottanta diventassero quelli della schifosa mucillagine su tutte le coste dell’Adriatico abruzzese. Con i “se” non si può scrivere neppure la storia dei giornali, oltre a quella con la S maiuscola. Ma se fosse rimasto il giornale delle notizie fresche e di quelle coraggiose, di quelle che arrivano in redazione a mezzanotte e alle cinque stanno già sui camion per raggiungere le edicole, avrebbe vinto, invece di chiudere. Sull’argomento: “Chiude Il Tempo d’Abruzzo“; “Quando cessò la sede vacante“

