7 LUGLIO 2016 – Un altro pezzetto di arcano si è chiarito.
Non avevamo capito il contenuto di un commento, pieno di anacoluti, sulla vicenda dell’aglio in testa a Ovidio.
Non avevamo ancora ricevuto il comunicato–stampa e l’avevamo ripreso da un sito che di solito racconta le cose come stanno. Solo che anche la fonte del comunicato ci sembrava astrusa, quasi anch’essa un anacoluto: la giornalista citava la DMC, ma noi, visti i precedenti, eravamo più propensi a pensare che fosse farina di “Fabbricacultura”. E abbiamo sbagliato di poco.
Infatti, un cortese collega giornalista, fortunato lui perché fa parte del cerchio magico dei destinatari dei comunicati di Fabbricacultura, ci ha mandato l’oggetto del nostro desiderio. La fonte era proprio “Fabbricacultura” (perciò le frasi incominciavano e non finivano), ma il comunicato era di uno studio legale, che cantava vittoria. Che finaccia, questa Fabbricacultura: dal parlare di Ovidio (sebbene preferenzialmente per gli aspetti erotici che Ovidio ripudiò) ha assunto il ruolo di Fabbricacomunicati per cause alle quali non ha neppure partecipato. Dal ruolo di aruspici del Bimillenario a quello di portaordini da sturmtruppen, cioè di quegli ordini che non si capiscono neppure perché dettati in una lingua sconosciuta a Ovidio, a Dante e a Leopardi, ma anche, riteniamo, a Casini, Gerosolimo, La Civita (Christian, Luigi e Franco), Ferri, Ringo, Ting Tong, Diavulone.