Dall’Aquila vogliono subito i giudici e i cancellieri di Sulmona e Avezzano

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PARADOSSALE RISPOSTA ALLA GENEROSITA’ PELIGNA DI OTTO ANNI FA

7 FEBBRAIO 2017 – “La nuova proroga deve intendersi ispirata dai nuovi e recenti eventi sismici i quali, però, non hanno interessato L’Aquila, Avezzano e Sulmona né tantomeno Chieti, Lanciano e Vasto” sostiene la Camera penale dell’Aquila. Lo fa in un documento nel quale sottolinea il rischio di collasso della giustizia a L’Aquila, dopo i recenti proclami in relazione alla concessione del rinvio al 2020 della soppressione dei tribunali che non hanno sede in capoluoghi di provincia. Ci sarebbero gravi conseguenze sul fronte degli organici dei magistrati e dei cancellieri a L’Aquila. Quindi, la Camera penale proclama lo stato di agitazione e, secondo “Il Messaggero”, analoga decisione starebbe per prendere l’Ordine degli avvocati.

Innanzitutto la Camera penale scrive senza essere ben informata. Conseguenze drammatiche delle ultime scosse si sono registrate anche a Sulmona, che forse non fa parte dell’ombelico del mondo come gli aquilani ritengono di poter affermare per L’Aquila. Ma inagibilità si sono registrate anche a Sulmona dopo le scosse del 18 gennaio; e sono state certificate dal sindaco, (che non avrà l’autorevolezza del Cialente che se non viene ascoltato si dimette e poi ritira le dimissioni e poi si dimette e poi le ritira, fino alla terza o quarta volta in un paio d’anni), ma è pur sempre un sindaco che vale quanto il sindaco dell’Aquila in fatto di valutazione della pericolosità e delle fragilità conseguenti ai terremoti.

In secondo luogo, non è che il foro aquilano possa risolvere i problemi di organico prelevando giudici e cancellieri da Sulmona e Avezzano; la politica vampiresca di assorbire risorse dal territorio è durata per decenni e solo per mantenere in vita un capoluogo cresciuto un paio di secoli fa per esigenze del tutto diverse da quelle della società attuale.

Ma la presa di posizione della Camera penale dell’Aquila serve almeno a sgombrare il campo da tutte le ingenuità che pochi peligni e marsicani potevano ancora nutrire in ordine ad una piattaforma comune per la gestione della politica giudiziaria nella provincia dell’Aquila. Sulmona ed Avezzano hanno delle esigenze; L’Aquila ne ha di opposte. Quindi avrebbe fatto bene l’assemblea dei legali sulmonesi, nell’aprile 2009, a votare un documento per trasferire momentaneamente la Corte d’Appello e il tribunale dall’Aquila a Sulmona nell’ampia Abbazia celestiniana praticamente vuota, onde evitare che i processi per il terremoto si svolgessero in indegni ambienti nei quali a momenti non entravano neanche gli avvocati.

Momentaneamente, certo; ma in vista di un definitivo trasferimento a Pescara, che è la città che ormai guida l’Abruzzo e deve avere tutti gli uffici di rilievo abruzzese. Oppure in vista della soppressione della Corte d’Appello, come previsto da un serio programma ministeriale, non a favore della Corte d’Appello di Ancona, ma a favore di quella di Roma, verso la quale i tre quarti degli abruzzesi avrebbero maggiore facilità di spostarsi per i loro affari giudiziari. E poi c’è un dato di fatto che nessuna camera penale o civile può contrastare: la Corte d’Appello non può stare sulla stessa strada e sullo stesso numero civico di una faglia che si è mossa otto anni fa e si ritiene si muoverà nei prossimi mesi o anni, perché non si possono costringere migliaia di cittadini a recarsi da tutto l’Abruzzo e da altre regioni in uffici pericolosi, dove otto anni fa, se il terremoto si fosse anticipato di sei ore, sarebbero morte altre centinaia di inconsapevoli utenti.

Ecco i motivi per i quali gli avvocati sulmonesi nel 2009 e oggi tutti gli avvocati d’Abruzzo dovrebbero votare per spostare gli uffici giudiziari dall’Aquila. Altro che salvaguardia degli organici.

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