GIRO DI GIOSTRA AL CONTRARIO CON LE LUCI DI UNA VECCHIA INSEGNA

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NEON E CINQUANTA ANNI DI STORIA

6 GIUGNO 2017 – Poteva essere il 1966 o il 1967 e il neon dell’insegna del “Ristorante Cesidio” cominciava a girare e con esso giravano le polemiche per questo modo nuovo di attrarre i clienti nel cuore del centro storico. L’insegna sembrava imitare quelle di Las Vegas, con le attrattive dei casinò. Il Corso Ovidio cominciava male, secondo alcuni: tutta la cinta medievale perdeva l’innocenza, se un bianco di freddissime tonalità si proiettava sui palazzi, invero non antichi, che costeggiavano la strada principale proprio dopo la villa. La curiosità era incominciata con quello strano scavo che, piccolo e profondo, doveva alloggiare la base di questo roteante richiamo a lasciare il Corso per immettersi su Via Solimo e raggiungere l’ex caserma della Milizia fascista nella attuale Piazza Santa Monica.

La deviazione ebbe effetto pochi mesi, perché di lì a poco fu introdotto il senso unico del Corso e da Via Solimo si poteva solo uscire sul Corso. Chi voleva raggiungere il Ristorante Cesidio doveva arrivare fino a Via Roma, percorrerla nel senso unico opposto a quello attuale e arrivare all’ex Milizia quando gli spaghetti si erano già raffreddati.

Ma l’età dell’innocenza davvero si concludeva con quel fungo di plexiglas o di chissà cosa: buon materiale, peraltro, se è rimasto fino ai giorni nostri, fino a cinquanta anni dopo. Tutto ha retto: i ricorrenti assalti per ridare l’innocenza al Corso medievale (violentato da decine di costruzioni fuori tema), la radicale riforma di tutte le insegne, che furono proprio rimosse se si affacciavano a bandiera dai muri dei palazzi dell’arteria dello “struscio”, gli effetti della ruggine che, come quelli del tempo secondo Shakespeare, “strappano i denti alla belva feroce”.

L’insegna è arrivata ad un compromesso, che, per la sua vetustà, è stato più storico di quello di Berlinguer: niente più roteazione da attrattiva di casinò e, ormai da molto tempo, niente più luce. In verità non c’è più neanche il Ristorante Cesidio, anche se un ristorante c’è pur sempre.

Ma allora qual è la funzione di questo pilastro con la luce spenta? Quella di parlare di un segmento di vita cittadina nel quale le cose più brutte resistevano alle critiche più feroci; ormai deve rimanere dove il tempo lo ha lasciato e magari deve essere riattivato con un motore che gira al contrario e fa girare così anche il tempo, per riportarci alle aspirazioni della Sulmona del 1967, adesso che potrebbe evitare gli errori commessi in un empito di ingenuità nelle lotte sindacali sbagliate e ideologicamente partigiane, nella scelta delle industrie fasulle e tecnologicamente decotte, nella scelta dei politici che, come nelle vecchie storie di famiglia di Sergio Endrigo, hanno i caratteri “di chi dà niente e tutto piglia”.

Un giro di giostra al contrario potrebbe dare questo ferro vecchio che costituisce il biglietto di presentazione di tutta la città.

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