SFREGI AGLI AFFRESCHI SUL PIANO DELLE CINQUE MIGLIA RIMASTI SCONOSCIUTI
14 OTTOBRE 2015 – Le bufere tolgono la vita agli altipiani, che così rimangono sospesi per una stagione lunga e implacabile, irascibile, imprevedibile.
Se non fosse per il traffico che non ha altra strada per collegarsi tra Napoli e le Marche (e che tra qualche anno sarà dirottato sulla Fondovalle Sangro previa dilapidazione di oltre trecento milioni di euro), le Cinque Miglia assomiglierebbero a Campo Imperatore e sarebbero desolate come Passo San Leonardo, o le Capannelle, o cento altri valichi. In tutte le epoche storiche questo silenzioso altopiano è stato al centro di fascinose evocazioni e dal 1474, cioè da quando ne scrisse Flavio Biondo nell’”Italia illustrata”, non ha descrizione e dedizione migliore: “Sopra Sulmona è Pettorano, e più su Valle Oscura, che è un vico del Piano di Cinquemiglia, che è troppo bella e meravigliosa pianura per stare su monti così alti”. Biondo certifica una verità assoluta, che non considera, però, che proprio l’ascesa protegge e consacra e che nessuno si spinge a dire che il Paradiso sta troppo in alto.
Ma, intanto che tir, pullman, auto e motociclisti della domenica passano qui, potrà interessare la brutta storia della calata degli Unni del XIX secolo, nella chiesa della Madonna del Casale. Affreschi belli, magari non influenzati dalle linee e dalle prospettive di Giotto come quelli di San Francesco a Castelvecchio, ma affascinanti per i visi che contengono e che sono quasi fotografie delle persone cui viene dato il nome di Madonna, del Cristo redentore, dell’angelo nunziante e della Vergine annunziata, cioè di colei che riceve l’immenso annuncio della sua maternità, della Madonna della Neve (mai accostamento fu più giusto su questi 1.300 metri di altitudine), del Cristo Battezzato, dell’Eterno benedicente, nel doppio significato di chi dura da sempre ed è colto nell’atto di benedire e di chi sempre benedice nel perdono che, proprio perchè tale, deve ripetersi settanta volte sette.
Insomma, una serie che racchiude un vangelo. Si badi bene: non di un vangelo per incolti, come si dice siano stati gli affreschi del Medioevo per la nuova evangelizzazione di chi non sapeva leggere i testi sacri; è un vangelo per persone elevate, che hanno un dono in più nel saper leggere lo stato d’animo nelle facce dei personaggi dipinti. Quanto meno, sono messaggi che solo chi ha tanto vissuto e letto e confrontato può cogliere, perché nel viso della Vergine della visitazione sembra di rivedere il profilo di una donna dei paesi tra l’Abruzzo e il Molise, con l’espressione di chi scruta per indagare, non di chi riceve acriticamente.
Quindi, quei messaggi non sono per molti, certamente non per i presuntuosi che immaginano di tutto saper interpretare. Ma il guaio è che quegli affreschi non si possono vedere quasi mai: il portale romanico racchiude un portone che per fortuna è serrato da un blocco di acciaio impenetrabile. Se si potessero vedere, darebbero spunto a molti che sanno leggere nei visi delle Madonne, nei loro sgomenti, nelle loro fiduciose attese. Ma darebbero anche materiale per considerare quanto queste terre del Meridione abbiano subito la calata degli Unni dal 1860 in poi. Damiano Venanzio Fucinese, nel suo “Gli affreschi della Chiesa del Casale di Rocca Pia” (dal quale abbiamo ripreso le immagini: Madonna della Visitazione in alto, Madonna della Neve al centro), riferisce di come gli affreschi siano ancora infestati da “alcune scritte graffite che ricordano il passaggio e il bivacco di truppe piemontesi” e vi trova conferma della “completa decadenza” che nel XIX secolo avvolse la Madonna del Casale.
Eppure fu più importante della stessa chiesa madre di Valle Scura (cioè di Rocca Pia), che aveva un canonico, mentre sulle Cinque Miglia ve ne erano due; che aveva la rendita di quattro tareni, a confronto dei due che il clero di Roccia Vallis Obscure doveva versare per la “debita decima”.
E forse per la soldataglia piemontese anche quegli affreschi, come l’altopiano, erano troppo “belli e meravigliosi per stare su monti così alti”.