L’ULTIMA EDIZIONE (520 PAGINE DI MONDADORI) SULLE RISPOSTE CHE IL SULMONESE DAREBBE AGLI INNAMORATI DISPERATI – LA MANUALISTICA COME SCORCIATOIA PER LA CONOSCENZA E L’OPERA ENCICLOPEDICA DI CHI ASSECONDAVA LE MODE PER GIOCO
18 APRILE 2023 – La manualistica affascina chi ama le scorciatoie; e rende a portata di mano la conoscenza all’uomo moderno per sconfinare nei settori della cultura più lontani, ma senza sforzi. Rispetto all’enciclopedismo, è roba alla portata di tutti.
Così, è stata appiccicata al “Remedia amoris” di Publio Ovidio Nasone una definizione che non è sua, né ambisce ad esserlo. Il manuale contro gli incidenti dell’amore sarebbe un complesso di suggerimenti che Ovidio dà a buon mercato. Ma c’è un grave errore di impostazione, perché, sebbene il Sulmonese non abbia mai legato il suo nome a questa opera minore, vi ha trasfuso una parte della sua essenza: i piccoli consigli, infatti, non sono sbrigativi, né sono lo scarto di più eccelse meditazioni. Sono il pedaggio che Ovidio ritiene di dover pagare alla moda, per assecondarla e per riscuotere più… like. Lo ha scritto proprio lui che il suo indugiare sul tema della terapia ai dolori dell’amore non è una componente del suo disegno poetico, cioè della scelta che, contro il volere del padre, compì perché sentiva che lo avrebbe portato lontano e, se una profezia può fare il poeta, lui sarebbe vissuto in un futuro senza confini (e tanto per confermare che tale proclama appartiene alla sua produzione migliore, l’ha inserito nelle “Metamorfosi”).
Non sarebbe piaciuta a Ovidio la definizione dei Remedia come di manuale contro la malattia d’amore; ma forse gli sarebbe piaciuto un mondo l’accostamento alla “posta del cuore”, cioè a quelle rubriche che hanno caratterizzato i migliori giornali del settore “grandi tirature”. Ovidio non scriveva per pochi, sebbene abbia dimostrato, con la grande e coltissima architettura delle “Metamorfosi”, che il suo scopo non era di scrivere opere di “cassetta”; e abbia pure dimostrato con la sua scelta politica, più latamente intellettuale, che il servilismo e il successo facile che ne sgorgava non erano i suoi obiettivi.
Ma nel ruolo dell’esperto di cose d’amore si trovava a suo agio: anzi ne era esaltato, perché talvolta i suoi consigli seguono un crescendo che pare il frutto di attivissimi circoli di adrenalina. Di una rubrica della “Posta del cuore” lo ritiene abile autore Angelo Molica Franco nella recensione dell’ultima, corposa pubblicazione sul poeta nato a Sulmona, trionfante a Roma ed esule nel Ponto Eusino. “Rimedi contro l’amore” è il volume di ben 520 pagine (forse quante mai sono state dedicate a quell’opera di… nicchia) che giunge in libreria con la cooperazione della Fondazione Valla e di Mondadori e con la cura di Victoria Rimell che è autrice anche dell’introduzione. Molica Franco parla di “modernità” dei rimedi suggeriti: quella che è, in effetti, definizione ricorrente dell’opera di Ovidio e del lavoro psicologico che Ovidio compie soprattutto nell’universo femminile.
Nella ideale rubrica della posta dei lettori, Ovidio non riceverebbe lettere; ma darebbe risposte calzanti. Saprebbe confezionarle dalle mille esperienze (non sue, ma) dei protagonisti dei miti greci e latini, tanto da far sentire meno soli coloro che incappano nei lacci pur senza essere déi e tanto da dare loro l’illusoria e infinita sensazione di essere, degli dei, compagni di viaggio. Forse ha attinto ad Ovidio e ai suoi “Remedia” Shakespeare, quando inserisce la massima del “chiodo che schiaccia chiodo” nel “Romeo e Giulietta”, ricopiato per dirla in termini spiccioli dal “Et posita est cura cura repulsa nova” (“E depose l’affanno scacciato da un nuovo affanno”); certamente l’ironia di molti autori di rubriche della posta si rifà a quella fulminante di Ovidio, che dimostra così di non rincorrere il gradimento e la compiacenza di chi si rivolge ai consigli nella disperazione del dopo-innamoramento.
Molica Franco, in questa godibile pagina de “Il Fatto quotidiano” interamente dedicata all’ultimo libro su Ovidio, finisce con l’annotare che la vera, grande conclusione sulla efficacia dei rimedi è quella che trae Apollo, ma nelle “Metamorfosi”, quando, trafitto dalla freccia di Cupido, si lascia sfuggire: “La medicina l’ho inventata io, e in tutto il mondo guaritore mi chiamano, perché in mano mia è il potere delle erbe. Ma, ahimè, non c’è erba che guarisca l’amore”.
Nel titolo: “Venere allo specchio” di Tiziano