SI PUO’ ESSERE MAESTRI ANCHE IN PROVINCIA

628

IL CENTENARIO DEL DOTT. FALCO MAIORANO

12 DICEMBRE 2012 – 12.12.12: nacque in questo giorno con una sua suggestione insondabile Falco Maiorano, ma se ne è andato molto prima dei cent’anni.

La sua scelta fu quella di fare il medico a Sulmona; e non si sentiva per questo diminuito. Nell’epoca nella quale ancora c’erano i maestri nelle professioni, egli ebbe la fortuna (ma bisogna chiamare anche le cose con il loro nome: il merito, cioè) di frequentare Cesare Frugoni e di non lasciarlo mai, anche se si allontanò dalla vita accademica e dall’attività clinica dei grandi ospedali. Si portò quel contatto e quel continuo confronto nella “sua” Sulmona, proseguendo un ideale colloquio con il Maestro. Falco Maiorano tradusse il suo attaccamento al modello assorbito da Frugoni cercando di evitare sempre l’abbinamento dell’arte medica con il facile arricchimento, con la scappatoia dei ricoveri che trasferivano all’ospedale la responsabilità delle decisioni più gravi e il tormento delle cure non visibilmente migliorative per i pazienti. Da qui la sua scelta di fermarsi a settecento iscritti nel fare l’elenco degli assistiti, anche a costo di respingerne molti, giammai per pigrizia, ma per analisi delle proprie possibilità e per il riconoscimento del limite per dare il meglio.

Per chi lo ha frequentato, poco o molto, è facile immaginare che al traguardo dei cent’anni non avrebbe tenuto granchè, con quel suo sguardo disincantato per la vita e per gli uomini, con quell’analisi senza grandi pretese di far quadrare le aspettative con la realtà, che gli veniva dall’indole fortemente artistica che lo sospingeva. Già, perchè il dott. Maiorano, prima di laurearsi in Medicina a Roma, aveva avuto un contatto intenso con la creazione pittorica e, in genere artistica (compresi gli strumenti musicali come il violino), aspetto che ai più sarà sfuggito, ma che denota come quel suo atteggiamento di profonda saggezza era maturato dal poliedrico saper valorizzare le cose “vive della vita” che tornano a mostrarsi anche con il tratto di un pennello.

Apparteneva alla schiera non folta, e oggi ancora più disertata, di medici che sapevano trarre le proprie conclusioni senza tanti ricorsi alle analisi strumentali: non era solo il suo sguardo a squadrare il malato, perchè egli ricorreva agli altri riscontri, attenti, scrupolosi, nelle sue visite lunghe e rimeditate.

Chi ha avuto un grande maestro porta con sé l’imperativo di non sprecare neanche un attimo del tempo passato sui libri e nelle lezioni universitarie, di mettere a frutto anche le briciole, se con le briciole si può fare qualcosa di più. In medicina la salvezza si raggiunge anche per vie che all’inizio sembrano non percorribili. E la stessa scelta di fare il medico forse non fu predestinata. L’attività di costruttore del padre Salvatore lo avrebbe orientato a seguire gli studi di ingegneria; ma fu probabilmente la perdita improvvisa del fratello e della sorella minori a fargli percepire il proprio demone nel guarire gli altri, perchè sono i dolori fortissimi a orientare quasi sempre gli indicatori del dovere. Forse ha fatto il resto la grande esperienza maturata nella scuola allievi ufficiali di Firenze e tra i Carabinieri, nella caserma in Prati a Roma, fino alla specializzazione in Chimica della tubercolosi e delle malattie respiratorie. Tutto per raccogliere il massimo e portarlo a dare frutto a Sulmona: anche questo un grande gesto di socialità e altruismo senza tante parole.

Please follow and like us: