L’IMPRESA DELLA MEDAGLIA D’ORO LUIGI GORRINI DA SOLO CONTRO UNA FORMAZIONE DI B-17
23 agosto 2017 – “Ora sono veramente solo nel cielo di Roma, ho però ancora benzina sufficiente e munizioni e allora decido di inseguire la formazione di B-17 in rotta verso Est”.
E’ un eroe di guerra, una medaglia d’oro al valor militare, che ha portato e porterà scompiglio tra gli aerei degli Alleati impegnati a seminare morte e paura su tutta Italia: come in questa giornata tragica per Sulmona, quando il passaggio della “formazione di B-17” sulla stazione ferroviaria lascerà 150 morti, con modalità di preparazione del raid sulle quali avrebbero dovuto pronunciarsi organismi di valutazione dei crimini di guerra come la tortura inflitta ai soldati italiani prigionieri e costretti dagli Alleati a caricare bombe sulle “fortezze volanti” sotto il ripetitivo annuncio che servivano a distruggere i loro paesi di origine e a sterminare i loro parenti.
Luigi Gorrini, sergente, non pensa a salvare la pelle e vorrebbe distruggerle tutte quelle fortezze volanti. Vicino Sulmona il suo racconto si fa più preciso: “Prendo di mira l’ultimo aereo a sinistra e attacco mirando alla cabina che va in frantumi. L’equipaggio abbandona l’aereo e conto nove paracadute. Ma il B-17 non accenna a cadere. Faccio allora un altro passaggio sparando e, poco dopo, altri due uomini saltano con il paracadute. Il velivolo si inclina leggermente sulla destra e in picchiata si infrange al suolo”. Poi una spericolata manovra per evitare i P-38 di scorta ai bombardieri e l’arrivo a Sulmona, per presentarsi al comando tedesco.
Possibile che questa giornata non abbia dettato parole e toni per celebrare una impresa che resta consegnata alla leggenda? Una nazione sconfitta mette tutto nel baratro dell’irriconoscibile. Ma qualcosa è restato per 74 anni sui monti, una “fortezza volante” non può disintegrarsi e trasformarsi in polvere. E sulla Majella sono rimaste scolpite parti di quel B-17: non succede spesso che la gesta di un eroe siano celebrate dalle dotazioni nemiche più ancora che dalla motivazione della medaglia d’oro: “Audacissimo cacciatore del cielo, già distintosi per l’abbattimento di due aerei avversari, faceva rifulgere ancora le sue eccezionali qualità di combattente indomito, attaccando sempre e dovunque il nemico. In 132 combattimenti aerei col fuoco inesorabile delle sue armi abbatteva numerosi grossi bombardieri e ne colpiva efficacemente un numero ancora maggiore, prima di essere a sua volta abbattuto. Salvatosi col paracadute, ustionato ma non domo, tornava con coraggio inesauribile ad avventarsi contro l’avversario continuando a conseguire brillanti successi con l’abbattimento e il danneggiamento di altri aerei. Ineguagliabile esempio di ardimento e di dedizione alla Patria. — Cielo dell’A.S.I. – Egitto – Grecia – Italia, 3 giugno 1941 -31 agosto 1943” e dalle Croci di ferro di prima classe e di seconda classe della Germania.
In questo caso i rottami silenziosi per decenni confermeranno gli appunti del sergente Gorrini, perché Lorenzo Grassi, storico e giornalista, ha messo in relazione quel racconto con i pesantissimi resti di un aereo. Ed ha desunto che poco distante da Sulmona, in quella Valle dell’Orfento che segna la naturale prosecuzione del territorio peligno e che è a pochi secondi d’aereo dalla stazione insanguinata, dal Boschetto dove adesso sorge la “Madonna Pellegrina”, deve essersi compiuto il duello del racconto.
Ha letto, riletto documenti d’archivio e piccoli spunti, ripensato ai particolari che settanta anni non sono riusciti a cancellare. Peccato che seduto vicino a lui non possa esserci Luigi Gorrini, che quando si lanciò all’inseguimento di una intera formazione di fortezze volanti aveva 26 anni. Per poco sarà assente; si è spento solo tre anni fa e, come succede a chi vive la parte più importante della propria vita nello spazio di un mattino, è stato un tutt’uno con i ricordi di quel frangente di esistenza, per giunta nella nazione che intorno a lui aveva la smania di dimenticare il baule intero della seconda guerra mondiale, dei fatti di codardia e dei fatti di coraggio, dei Comandi sbandati e degli ordini che la coscienza sapeva dare con precisione e senza doversi ripetere ad un sergente, un piccolo grande sergente del Regno d’Italia, poi della Repubblica Sociale e poi ancora della Aeronautica italiana.