CORSI E RICORSI NELL’ECONOMIA DELLA PROVINCIA

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LA RISTAMPA DI UNA ANALISI DEL 1876 E LE VALUTAZIONI DI SPINOSA

16 APRILE 2013 – E’ di grande attualità l’analisi che il segretario generale della Camera di Commercio dell’Aquila redigeva nel 1876, in un periodo di grandi trasformazioni e di profondi travagli sociali, all’alba del Regno unitario.

Ne ha curato una ristampa l’ente camerale sei mesi fa e, come riportiamo in “Spinosa: “Solo dalle ceneri può rinascere il nuovo””, il presidente della Confindustria dell’Aquila ne ha fatto omaggio al Presidente Squinzi qualche giorno fa a Torino.

E’ un quadro di certo non entusiastico quello che emerge dalla analisi di 140 anni fa. Si parla anche delle vessazioni degli esattore delle imposte, della carenza di liquidità, di quanto la provincia deve importare (quasi tutto) e di quanto poco riesce ad esportare.

La provincia “è sempre sprovvista di moneta. L’emigrazione invernale dei lavoratori di campagna introduce del danaro, che del resto non giunge a bilanciarne l’uscita. E’ qui la ragione per cui i proprietarii stentano ad esser pagati da loro locatari e fittuari dovendo ricorrere dispendiosamente alle Conciliazioni, Preture, Tribunali ed agli Uscieri: e gli Esattori delle imposte, ad onta di tutte le vessazioni possibili non giungono a poter esser pagati e debbono ricorrere alle esecuzioni forzate, sequestrando mobili e stabili, per diruparli per pochi soldi, nelle vendite all’incanto. Ma quel che non ci è non ci è. Nell’assiene egli è questo un grave, serio, imponente problema, che reclama un forte studio e provvedimenti radicali, pronti ed efficaci”. E si doleva l’avv. Francesco Tortis, segretario della Camera di Commercio, perchè “Questa Provincia non esporta altro che cuoi e pelli, grasso, lane, zafferano, anici, nocci di mandorle e piccole quantità di altri prodotti agricoli grezzi e del vino da pasto”. Dopo 140 anni, a parte il “vino da pasto” non esporta neppure quegli altri generi e prodotti.

Quanto all’agricoltura, era attività senza futuro: “L’affitto dei fondi ha un più estesa adozione; per la durata non maggiore di anni sei ed al maggior offerente. E son queste le due potenti ragioni della sterilità de’ più fertili terreni. Il fittaiolo a breve durata, non migliora, non concima negli ultimi anni del fitto, e sforza il terreno e le migliorie a dare il maggior prodotto possibile, e poco importagli se semina la desolazione in un terreno che egli sa di dover lasciare”.

Insomma, un panorama desolante, che però non ha impedito alla società di allora di sollevarsi dallo stato di grave indigenza e di sostanziale carenza di risorse; quella stessa reattività che secondo il presidente Fabio Spinosa Pingue dovrebbe manifestare la società di adesso, sempreché possa ricominciare da zero, ripartire dalle ceneri.

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