I SEPOLCRI SECONDO UNA RARA TRADIZIONE SULMONESE
I NOVEMBRE 2015 – In un Corso Ovidio deserto e appena dopo il rintocco dell’Annunziata alle ore 14,
è sfilata la processione di Ognissanti, l’ultima spirituale rappresentazione del dolore, che conduce il Vescovo dalla Trinità a celebrare Messa vicino all’ossario del Cimitero, vicino ai prati costellati di croci arrugginite e senza nome e vicino alla stele che ricorda i Caduti austro-ungarici della prima guerra mondiale sterminati da un’epidemia nel campo di prigionia di Fonte d’Amore.
Il corteo, aperto dalla banda che intona la marcia funebre del Vella (inconfondibile per ogni Sulmonese), dalle corone delle associazioni combattentistiche e da impeccabili divise di trinitari e tombisti, con i rispettivi “Quadrati” di lampioni, porta la croce con i tralci di argento del simbolo della vita cuciti su un sostegno di sughero imponente ed è chiuso dalle autorità comunali; purtroppo è chiuso da una decina di persone, non di più, con l’aggiunta di altrettanti turisti fotografanti, incuriositi da tanta eleganza di fiori, colori e composta attenzione. Meriterebbe una partecipazione pari a quella del Venerdì Santo o quanto meno del corteo della Giostra cavalleresca, perché è il nastro di unione tra i Sulmonesi di ieri e di oggi, secondo il modello di “visite” delle confraternite medievali per il sollievo dei malati e la memoria dei defunti.