CORO DI VOCI CONFORMI PER LA SCEMPIAGGINE DEL SECOLO
15 MAGGIO 2017 – Tutti in coro sostengono, dalla carta stampata ai siti internet, alla Rai, all’Ansa, che “dopo anni è ripartita la Sulmona-Carpinone, la Transiberiana d’Italia”.
La Sulmona-Carpinone non è ripartita un fico secco; quel tratto di ferrovia, particolarmente importante per i collegamenti di un territorio molto aspro, è stato chiuso definitivamente nel 2011 e il suo ruolo ha cessato di svolgerlo dal giorno dopo. Ogni tanto vengono organizzati viaggi turistici, che hanno la loro valenza, ma che non sostituiscono i treni, con i loro orari, le loro certezze, il loro sostegno all’economia. Quindi non è ri-partito proprio niente e il gioco dell’equivoco è tipico di chi non ha argomenti; è, anche, molto dannoso per il progetto di ripristinare un vero collegamento ferroviario, perché affermare simili scempiaggini produce solo l’effetto di deviare l’analisi delle risorse che oggi lo Stato mette a disposizione di queste zone.
Organizzare i trenini delle giostre, con l’allestimento di vendite di prodotti tipici può costituire un punto di arrivo di chi si accontenta; oppure di chi vuole abbinare a queste immagini edulcorate la propria personalissima immagine. Non per niente il presidente del Parco Majella, che si attribuisce questo merito, si è fatto fotografare sui binari davanti ad una motrice di un treno, mentre dà la mano al suo interlocutore come se stessero ad inaugurare la Sulmona-Carpinone nel XIX secolo (ma quella vera, non la “Transiberiana d’Italia” che oltre tutto lancia una dimensione ridicola di una onesta linea ferroviaria di poco più di cento chilometri rispetto alle migliaia della Mosca-Vladivostok).
Non avendo partecipato all’epoca d’oro nella quale i politici come Quintino Sella e Silvio Spaventa costruivano ferrovie che l’Europa ci invidiava, ci si accontenta di spingere un trenino delle feste. Che Iezzi continui nel suo giro disperato di interlocutori per accreditare una immagine evidentemente mai raggiunta per gli insuccessi politici disarmanti durati decenni e conclusi con l’espulsione del tipo da ogni assemblea che prevedesse una elezione è pure comprensibile, se addirittura Franco Iezzi si è dato a scrivere sul web con uno pseudonimo per sfuggire all’identificazione e a qualcuno che gli poteva rinfacciare le tramvate rimediate in tanto tempo di militanza democristiana e forzista; ma che parlino di “riapertura della Sulmona-Carpinone” tutti i giornalisti in coro è più disarmante degli insuccessi di Iezzi, perché segna il fallimento (questo volta non politico) della verifica delle fonti e del pluralismo delle testate e delle teste.